PIETRE D'INCIAMPO
 
Dentici Jacopo
di anni 18
 

studente universitario, partigiano di un GAP di Voghera e membro del Fronte della Gioventù fondato da Eugenio Curiel; nato a Rio Grande (Brasile) l'11 settembre 1926, residente a Voghera. In seguito alla sua attività resistenziale, era arrestato a Milano da militi della "Muti" e incarcerato a San Vittore. Veniva poi trasferito a Bolzano e infine a Mauthausen, nel sottocampo di Gusen II, dove moriva nel marzo '45. Una via di Voghera porta il suo nome.

Ferruccio Parri

Per JACOPO DENTICI

 Jacopo Dentici si aggregò al gruppetto dei compagni che a Milano componevano il comando centrale delle formazioni partigiane, di a poco tra­sformatoin comando generale del C.V.L., nella tarda primavera del 1944. Rapporti familiari lo avevano avvicinato a noi, e confesso che ebbi qualche esitazione a non scoraggiarne l'offerta di collaborazione: non ancora 18 anni, una personalità già formata e ricca. Avrebbe potuto adattarsi ad una vita dura, di rischio e di sacrificio anonimo e di fatiche oscure?

Si adattò, e si unì ai giovani compagni del servizio collegamenti: Alberto Cosattini ne era il capo. Servizio ben pericoloso, poiché tenere i contatti coni gruppi milanesi ed esterni voleva dire incappare facilmente nelle retate dele varie polizie fasciste e naziste. L’esperienza ci diceva che scarse erano le possibilità di resistere oltre tre-quattro offensive poliziesche. Avrei desiderato che Dentici, come altri ragazzi, fosse relativamente risparmiato. Fu Cosattini stessoa dirmi che un riguardo particolare lo avrebbe offeso a morte.

Alla prontezza dell'intelligenza Jacopo univa uno spirito raro di precisione e ladote, preziosa per noi, della riservatezza rigorosa. Servì quindi, giovanis­simocom'era, per missioni delicate compresa la consegna dei fondi. Dalla primavera del 1944, col crescere del peso e della minaccia partigiana e della controffensiva fascista e nazista, la lotta si era fatta infocata, e di riflesso più rischiosa e agitata la vita dei comandi nelle città. Ad accrescere le complica­zioni, tra il giugno e il luglio, decisa l'unificazione del comando militare, si aggiunse la fusione dei servizi che dipendevano da Parri con quelli che dipen­devano da Longo, con raggruppamenti e riorganizzazioni conseguenti.

Particolarmente difficile, talvolta affannosa, era diventata in Milano la ri­cerca di sedi e recapiti nuovi, che dessero sicurezza almeno per qualche setti­mana. Sapevamo ormai proteggerci dalle spie; era molto più difficile difen­derci dall'imprudenza da parte dei compagni. E così due sorprese poliziesche avevano già duramente colpito il comando generale. Una terza nella sede di via de' Togni 14 fu specialmente grave, e disastrosa per la cattura di bravi compagni.

La nostra regola era che prima di tutto si dovesse assicurare la continuità del servizio. Troppe cose e troppo gravi dipendevano da noi per poterle anche solo interrompere. Ed era ormai anche chiaro che resistere, durare significava

vincere. Accettammo dunque di trasferirci in viale Bianca Maria 45, sotto la. copertura di una fittizia società commerciale. La sede nuova non dava molto affidamento, ma per il momento non se n'era trovata altra. Era peraltro tanto malsicura che durò poche settimane.

Capita la polizia; arresta malauguratamente qualcuno dei nostri. Jacopo è salvo. Ma Jacopo sa dove sono nascosti dei documenti importanti e una certa somma di denaro sfuggiti alla polizia, del cui recapito era stato inca­ricato. Passa qualche giorno; la sede è apparentemente senza sorveglianza. Jacopo ritorna; ed è catturato. È una puntigliosa coscienza del dovere che lo muove, non temeraria avventatezza. Un "atto puro", avrebbe detto di sé, in quei tempi gentiliani, lo stesso Dentici, già notevole di cultura filosofica, se sul suo gesto e sulla sua volontà avesse filosofeggiato. Un gesto certo eroico, di meditato e difficile eroismo, che scolpisce per i compagni combattenti la figura e il ricordo di Jacopo Dentici.

Io non credo di aver responsabilità di scarsa coscienza nella fine di questo e di altri bravi giovani periti nella lotta o non tornati dai campi di morte tedeschi: ricordo tra gli altri Paolo Carpi, figlio di Aldo, coetaneo di Jacopo, catturato in quei mesi. Ma certo nulla mi ha tanto turbato allora e dopo, come l'olocausto pietoso e penoso di questi ragazzi strappati alla carezza della madre.

Il caso di questo mi aveva fortemente colpito. Un giovane non comune, non facile a giudicare ai primi incontri e per un certo schivo ed orgoglioso pudore di se stesso e per una certa complessità di carattere. Leggete quanto di lui hanno scritto con affetto penetrante Bianca Ceva e Sergio Solmi. Un'in­telligenza avida di ogni ricerca, una volontà prepotente di ogni conquista in­tellettuale, ed insieme immaginazione e capacità d'intuizione poetica, fresco fervore di vita spesso gioioso, e insieme l'amarezza e il dubbio dell'età e del primo incontro con la vita; ed un fondo di inesausta delicatezza giovanile.

E dunque una personalità già formata, se non matura. Una ricca vita intel­lettuale, un forte senso morale, l'autonoma capacità critica, nessuna passione politica. Nuovo dunque e non pregiudicato di fronte al dramma del suo paese e pur preparato a intenderlo. La sua scelta perciò mi parve allora, e mi sembra ancora, estremamente significativa e degna di precisa interpretazione. Alcu­ne sue lettere, se vi sono, potrebbero essere tra le più rappresentative delle generazioni travolte e maturate dalla crisi del 1940- 1945. Bianca Ceva vuol darne il ritratto morale, come già fece Omodeo con le lettere dei giovani della guerra 1915-18. Lo faccia.

Ricordo anch'io il senso più alto della testimonianza di antichi compagni della prima guerra, come Vaina de Pava, Renato Serra, Eligio Cacciaguerra e il giudice Lado, morto presso di me. Testimonianza ragionata, lucida e solida, nuda di ogni enfasi retorica: è proprio l'uomo di cultura che ha il dovere di non rinserrarsi nei rifugi, superbi ma codardi, dell'intellettuale; la sua dignità gli impone nelle ore critiche del suo tempo di mescolarsi con il suo popolo; solo l'aver sofferto in pieno e sino in fondo, come uno dei tanti, le prove della sua generazione gli dà umanità completa e non sterile.

Testimonianza antica, luce nella terrosa storia dell'incivilimento umano.

Non ne ha quasi, mi sembra, la guerra fascista del 1940: prova tra le più pro­batorie che non aveva risposta nell'animo, rassegnato indifferente od ostile, di quella generazione. Ritorna quella testimonianza con la lettera famosa di Jaime Pintor e con l'intervento della legione di uomini di cultura ch'è stata la forza prima della lotta di Liberazione. È ritornata un'ora grande di crisi e di scelta. Anche Jacopo Dentici fa la sua scelta volontaria.

La scelta del 1915 era più facile e più semplice. L'Italia, la patria era in guerra: chi ne accettava il comando, se non aveva stoffa da imboscato, com­batteva. La scelta del 1943-44 era più grave. Era chiaro che chi combatteva i tedeschi combatteva insieme i fascisti. Non era una scelta per gli antifascisti. Fu un difficile tormento invece per i giovani nuovi, e non parlo s'intende della massa grigia ed opaca. Su un piatto della bilancia, il conformismo di venti anni, le idee ricevute, i pregiudizi del nazionalismo: sull'altro, che cosa? Quanti si persero in quel drammatico urto! Una profonda crisi di giovani coscienze aveva accompagnato l'affermarsi del regime fascista tra il 1924 e il 1926. Un'altra crisi di rottura e di angosciosi dilemmi ne accompagnò la caduta.

Jacopo tra il 1943-44 rifletté a lungo. Poi si decise, e fu una decisione sua e meditata, non influenzata da esempi e da amicizie. Nel ragazzo vi era la stoffadell'uomo che vuol essere chiaro con se stesso. Molti fecero come lui, a Milano ed in tutta l'Italia combattente.

Ma perché quella maturazione di coscienza e di scelta mi aveva partico­larmente colpito ed interessato? Perché era la risposta dei giovani che nei primi mesi di lotta ancora incerti e di sorte ancor ancipite più ansiosamente attendevamo. Essa ci avrebbe detto se eravamo dei superstiti accantonati dalla storiao avevamo per noi l'avvenire. Questa risposta ci avrebbe dato storicamentetorto o ragione.

Essa dette ragione alla insurrezione liberatrice; l'apporto di giovani coscienze pure e disinteressate ne accentuò il valore e l'impegno di rinnova­mento, ne  accrebbe la tensione e l'altezza morale: quella che permette a buon diretto diparlare di Risorgimento nazionale.

Mai nessun tempo è stato come ilnostro corrosivo di ogni memoria, così agitato turbato ansioso dispersivo e noncurante. I fiori appassiscono sul­le tombe, i nomi si cancellano, scende l'oblio sugli eroi. Solo ilgrido delle madri attraversa iltempo. Ma iltuo sacrificio, Jacopo, ma iltuo sangue ha cementato anch'esso la prova più religiosa sofferta dal popolo italiano nella sua storia. È ilvostro sangue, giovani compagni caduti ieri, che dà vita e forza all'impegno dei superstiti e sarà ancor vivo nei giovani migliori di domani

 

 
 
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Voghera - Cimitero Sacrario Partigiani
Sacrario Partigiani nel cimitero di Voghera - La fotografia si riferisce al 25 aprile 2021 con le sole delegazioni A.N.P.I. di Voghera e Raggruppamento Autonomo Padano di Voghera  dell'associazio...
 
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Voghera - Via Ricotti
Lapide in memoria ai Caduti nella Guerra di Liberazione in via Ercole Ricotti a Voghera (Cerimonia commemorativa del 25 aprile 2014) ...
 
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Voghera - Liceo Ginnasio Severino Grattoni
Pietra d'inciampo posata il 23 gennaio 2019 in via Don Minzoni davanti al Liceo Ginnasio “Severino Grattoni” di Voghera dove Jacopo Dentici era stato studente. Nelle fotgrafie il momento d...
 
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