PIETRE D'INCIAMPO
 
Capettini Arturo
di anni 43
 

Militante antifascista, nato a Zeme il 17 marzo 1900.  Per la sua attività politica veniva ogni volta incarcerato quando da Mortara passava Mussolini o qualche rappresentante di Casa Savoia. A Mortara aveva un negozio di biciclette e verso la fine degli anni 30, con l'intenzione di ampliare l'attività, si trasferì con la famiglia a Milano in viale Montesanto 10 e qui aprì un'altro negozio. Durante la guerra ritornò a Mortara e con la moglie incominciò un pendolarismo giornaliero con Milano. Dopo l'8 settembre 1943 aderì con entusiasmo al Comitato di Liberazione Nazionale assumendo vari nomi di battaglia. Il 19 dicembre 1943 fu arrestato alla stazione di Mortara mentre scendeva dal treno proveniente da Milano, insieme a tutti gli altri passeggeri, per rappresaglia in seguito al ferimento di un milite, avvenuto nella stessa giornata, da parte di alcuni partigiani. Nella casa di Milano erano però in quel periodo nascosti due greci sbandati, mandati dal CLN; inoltre nel negozio c'erano sacchi di farina, scatolame, scarponi, radio e indumenti, il tutto destinato ai partigiani di San Martino di Vallata in provincia di Varese. Vi erano anche delle armi che Arturo, sapendo che per questo tipo di detenzione era prevista la fucilazione, avrebbe voluto murare in un piccolo scantinato, ma non l'aveva fatto perchè alcuni membri del CLN gli avevano assicurato che sarebbero venuti il giorno successivo con un camion per portare via il tutto. Arturo dal carcere riuscì a far pervenire un biglietto alla moglie nel quale la invitava a nascondere le armi ed avvertire i greci del possibile pericolo. Purtroppo, in seguito ad una delazione ad opera della figlia della portinaia dello stabile di Milano, i fascisti sorpresero il fratello di Arturo, Cesare, e i due greci, mentre stavano uscendo dal negozio con le armi per nasconderle nello scantinato della casa di fronte. I due greci riuscirono a fuggire mentre Cesare venne arrestato. Durante la notte venne perquisita la casa  e il negozio e fu trovato tutto il materiale destinato ai partigiani; venne arrestata anche la moglie Matilde, presente nell'abitazione,che fu tradotta a San Vittore. Circa 10 giorni dopo anche Arturo venne trasferito dal carcere di Mortara a San Vittore con evidenti segni di percosse e torture e, dopo un sommario processo, il 31 dicembre 1943 venne fucilato insieme ad altri tre compagni, nel poligono della Cagnola di Milano. Una Brigata partigiana dell'Alta valle Staffora porterà poi il suo nome.

Si riporta qui di seguito, su gentile concessione della pro-nipote di Arturo Capettini, Valeria Capettini, un brano della testimonianza della moglie di Arturo, Matilde Bottero Capettini, tratto dal libro ”Memorie - Arturo Capettini – Medaglia d’oro per la Resistenza”

Sempre nel dicembre 1943 veniva ucciso Resega (segretario poli­tico del Partito Fascista) e a Mortara veniva ferita una guardia sem­pre nello stesso giorno. Per questo i tedeschi arrestarono tutte le persone che tornavano da Milano e tra questi mio marito.

Nella casa di Milano erano nostri ospiti due greci sbandati, man­dati dal Comitato di Liberazione.

In negozio c'erano sacchi di farina, scatolame, scarponi, radio, in­dumenti destinati ai partigiani di San Martino e anche armi che Arturo voleva murare in un piccolo scantinato, sapeva che per questo c’era la fucilazione.

Gli amici del Comitato di Liberazione lo hanno rassicurato che sa­rebbero venuti il giorno dopo con un camion portando via tutto.

Ma gli avvenimenti precipitarono. Quella roba invece di andare ai partigiani la presero tutta i tedeschi!

Dopo l'arresto, a mezzo di amici, dal carcere Arturo mandò un biglietto, dicendo di avvertire i due greci e di nascondere le armi di Milano.

Cesare ed io venimmo in bicicletta fino ad Abbiategrasso, poi proseguimmo in tram fino a Milano. Qui giunti si decise che il mattino seguente io aprissi il negozio mentre Cesare e i due greci, nascoste le armi, si sarebbero recati da qualche altra parte. Bisognava avvertire anche gli altri compagni di quanto era successo.

Tutte le armi erano contenute in una cassetta di cm. 50x40 alta 50cm.

Cesare, il più robusto, portò la cassetta. La portinaia di casa aveva una figlia sposata ad un fascista, visto mio cognato scendere con i due greci ha telefonato in questura. Eravamo in dicembre e alle 18 era buio, c'era l'oscuramento. In seguito alla telefonata uscirono due que­sturini: arrivati, il caso volle proprio mentre Cesare e i due greci sta­vano uscendo dal negozio, per nascondere le armi nella cantina dell'abitazione dirimpetto al negozio.

Così, sorpresi, i due greci poterono fuggire, mentre a Cesare, anche perché la cassetta era pericolosa, non fu facile sbarazzarsene, così lo presero e lo portarono in un bar lì vicino e, visto il contenuto della cassetta, fu mandato nella Questura di via Copernico. Interro­gato, picchiato, accusato di sabotaggio, gli presero le chiavi di casa e, verso le due di notte mi trovai in casa cinque repubblichini armati che mi fecero scendere dal letto. Obbligata dovetti vestirmi quasi in loro presenza. Avevo ilbiglietto di Arturo, lo misi furtivamente in seno, spe­rando di non essere perquisita. Minutamente perquisito fu l'appar­tamento poi il negozio situato dirimpetto alla casa.

Quello che sembrava essere il capo mi disse: «Vedete, per questa roba sarete fucilata voi e vostro marito entro tre giorni» e mi mollò un potente schiaffo. «Ma fucilatemi subito» risposi «so cosa potrà succedermi ora che sono in vostre mani», risposi inconsapevolmente. Era successo così, tutto all'improvviso, che quasi non riuscivo a rendermene conto e, sotto la minaccia dei loro fucili fui portata nella Questura di via Copernico.

Per dormire c'era un tavolaccio di legno dove le cimici vi passeg­giavano.

Con altre persone arrestate mi coricai su un tavolaccio. Il giorno dopo si svolgeva il funerale del segretario politico Resega. Tutti i re­pubblichini si armarono di pistole, moschetti e bombe a mano. Si sentirono diversi spari.

Tornati dal funerale i fascisti ci portarono da via Copernico a San Vittore in tram. Eravamo una decina di prigionieri e sotto la minac­cia delle armi ci veniva proibito di parlare tra noi.  

Vidi Cesare con gli occhi pesti, una mascella gonfia e segni di fru­state sanguinanti sul suo volto sfigurato.

A San Vittore (si doveva consegnare tutto: soldi, documenti, anelli, etc.) entrai a far compagnia a una ragazza ventenne al terzo raggio. Dissi: «Che tristezza questa cella! Mi vengono in mente 'Le mie prigioni' di Silvio Pellico».

«Dove credi di essere entrata, in un albergo con acqua calda e tutti i servizi inerenti?» Rispose cercando di fare coraggio a me e anche a lei stessa, ma l'angoscia che era in me non mi lasciava.

Dopo una settimana ricevetti un biglietto di mio marito, mi di­ceva di stare tranquilla, lui era al secondo raggio.

Dal carcere di Mortara era stato trasferito a quello di Milano e lì picchiato e torturato. Si doveva vendicare l'uccisione del gerarca fa­scista Aldo Resega ( 18/12/1943), per questo motivo vennero scelti: Arturo Capettini, Cesare Poli, Gaetano Andreoli e Angelo Scotti.

Dopo un sommario processo vennero fucilati il 31 dicembre 1943 al poligono di Milano.

Lo seppi tre mesi dopo. Dai tedeschi c'era da aspettarsi di tutto, mi aggrappavo a un fìlo di speranza anche se non ricevetti più alcun biglietto da parte di Arturo. Le mie compagne di carcere avevano letto il giornale (portato in carcere dalle guardie) che riportava quanto era successo, ma a me lo tennero ben nascosto.

Quanti partigiani hanno pagato a caro prezzo l'amore per la li­bertà!

Giorgina, la mia compagna di cella, aveva accompagnato suo padre, accettato come ebreo al confine svizzero: non essendo ebrea lei furimandata indietro, le guide erano già ripartite e lei con altre pers­one nelle stesse condizioni dovettero fare ritorno, ma si persero per i sentieri del bosco. Arrestate dai tedeschi, vennero rinchiuse nelle prigioni di Como, dove sei o più persone dovevano dormire in una sola branda. Tante furono le persone incarcerate e dopo qualche settimana portate a San Vittore. Al terzo raggio, dove c'era una stufetta, eravamo una ventina di donne.

In febbraio siamo state trasferite al padiglione delle suore, li si cuciva, si aggiustavano le divise a righe dei detenuti. Non essendocene per tutti, venivano distribuite a chi faceva le pulizie che venivano chiamati scopini. Per le donne una vestaglia calda a righe larghe, lunga fino ai piedi.

Una sera, in divisa da scopino, vidi di sfuggita Cesare, gli chiesi subito di Arturo, ma lui disse di non sapere nulla. Gli amici hanno fatto tutto il possibile per lasciarci scambiare un ultimo saluto, perché sa­pevamo che lui doveva partire per la Germania.

E fu l'ultima volta che lo vidi.

Partì il 18 febbraio per Mauthausen e non tornò più.

 

 
 
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RICORDATO NEI SEGUENTI LUOGHI:
 
Mortara - Interno del Municipio
Lapide muraria posta sulle scale all'interno del Municipio di Mortara in piazza Martiri della Libertà....
 
Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
+45.251850, +8.737583
+45°15.111', +8°44.255'
+45°15'06.66" +8°44'15.30"
 
divisorio_nomi.jpg
Mortara - Interno del cimitero
Lapide cimiteriale posta  all'interno del cimitero di Mortara  ...
 
Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
+45.260550, +8.755233
+45°15.633', +8°45.314'
+45°15'38.98" +8°45'18.84"
 
divisorio_nomi.jpg
Milano - Piazzale Accursio
Monumento posto  in Piazzale Accursio a Milano  ...
 
Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
+45.491717, +9.145850
+45°29.503', +9°08.751'
+45°29'30.18" +9°08'45.06"
 
divisorio_nomi.jpg
Milano - Via Monte Santo
Lapide muraria posta sulla casa che fu il negozio/ officina di Arturo Capettini in via Monte Santo a Milano....
 
Coordinate GPS del Luogo del Ricordo:
+45.479916, +09.193667
+45°28.795’, +09°11.620’
+45°28'47.70, 09°11'37.20
 
divisorio_nomi.jpg
 
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